DOVE VA IL WELFARE

Il welfare aziendale

IL SECONDO PILASTRO PREVIDENZIALE

Ci rifacciamo ai dati e ai grafici che illustrano la spesa per il welfare e il trend demografico che sono il motore delle riforme che si sono susseguita da oltre un ventennio senza portare a risultati.

Citiamo alcuni dati di sintesi per facilità di migliore comprensione.

Diciamo della spesa per il welfare nel suo insieme che racchiude anche quella previdenziale e sanitaria.

Insomma il welfare occupa oltre il 45,50% del bilancio dello Stato e, di questa spesa, il 27,80% è spesa previdenziale all’interno della quale sono allocate anche componenti assistenziali.

Vediamo il quadro di fondo in cui si collocano le considerazioni che seguono composto da:

  1. indice di vecchiaia, cioè dinamica del trend demografico;
  2. indice di dipendenza strutturale, cioè indice di popolazione attiva;
  3. dinamiche sociali (composizione famiglia, matrimoni e divorzi, separazioni, unioni civili e immigrazione) che omettiamo di descrivere ma che incidono;
  4. situazione dell’Istituto di previdenza.

I grafici e le tabelle da pag. 5 a pag. 10 dello studio welfare 2015 sono eloquenti.

Nell’ordine:

a – per indice di vecchiaia s’intende rapporto tra popolazione over 65 e under 14 per 100

1961   38,90   over 65 anni ogni 100 giovani

2015  151,60  over 65 anni ogni 100 giovani

2030  207,10  over 65 anni ogni 100 giovani

2065  257,90  over 65 anni ogni 100 giovani

questi dati sono statisticamente certi perché tutti i percettori attuali di pensioni o futuri pensionati sono tutti nati come pure tutti coloro che dovranno contribuire al mantenimento dei conti dell’Istituto di Previdenza Pubblica o di quella privatistica (le Casse degli autonomi e degli Ordini Professionali ).

b – per indice di dipendenza strutturale s’intende il rapporto tra la popolazione non attiva (over 65 e under 14 per 100) e attiva (compresa tra i 15 anni e i 65 per 100)

1961   51,60

2015  54,20

2030  63,60

2065  82,80

Considerata per attiva la popolazione impegnata in attività lavorative d’impresa e o di servizi sociali e, considerato dunque, che statisticamente nell’ambito della popolazione attiva sono comprese anche le casalinghe, i ragazzi impegnati in percorsi di studi secondari, universitari e post universitari, i disoccupati, gli infortunati, gl’invalidi, i non occupati e – senza indugiare sulla produttività della vasta platea dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, delle aziende delle partecipazioni degli enti locali e sui furbetti del cartellino – pare che insomma che al momento non oltre il 30% della popolazione produca reddito per sostenere il tutto!

c – sono in parte comprese nella descrizione della precedente lettera b).

d – Nonostante la rincorsa dai primi anni ’90 ad oggi con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo abbia cambiato solo in peggio le prestazioni per i futuri pensionati resta un finale da “Cassandra Crossing”.

Lo spieghiamo meglio nell’allegato “INPS sprofondo rosso”.

Insomma, grava sull’INPS uno sbilancio annuo di una quindicina di miliardi che viene coperto con il ricorso alla fiscalità ordinaria.

Non meglio vanno le Casse previdenziali ordinistiche prossime al collasso

Le conclusioni e le proposte alla seconda parte.

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