Digitalizzazione

DIGITALIZZAZIONE IS COMING: stato dell’arte

Siti internet più efficaci, presenza sui social media, gestione delle relazioni con i clienti e trasposizione di archivi e software in ambienti cloud.

Sono questi gli strumenti e servizi digitali ai quali le imprese di piccole o medie dimensioni e gli studi professionali guardano con maggiore interesse. Nella maggior parte dei casi (il 50 e 51% rispettivamente), c’è la convinzione che gli investimenti sulla digitalizzazione nel prossimo futuro siano destinati a crescere, di circa un terzo.
Il rapporto tra piccole imprese, studi professionali e mondo digitale è stato oggetto di una indagine Nielsen, presentata in occasione della Digital Week di Milano.

Un lavoro che mette in evidenza come ci siano diffuse richieste di innovazione tra le aziende, anche di dimensioni più piccole, e che in fondo gli ostacoli a compiere un passo deciso nel mondo della digitalizzazione siano più di carattere burocratico e culturale che di tipo economico. “Uno dei principali ostacoli alla velocità di diffusione dei processi digitali in Italia è stato la mancanza di concretezza. Abbiamo fatto per anni grandi convegni, dai quali tutti uscivano e tornavano a staccare le fatture cartacee. Ora il sentimento sta cambiando”, ci dicono alcuni dei principali attori delle aziende che hanno cambiato pelle negli ultimi anni da semplice fornitore di software ad “accompagnatore” degli imprenditori nella loro crescita digitale.
Risulta nel caso dei professionisti che, di norma il livello di adozione dei processi digitali è un po’ basso. Se prendiamo ad esempio il mondo dei commercialisti, siamo di fronte a figure che per natura usano l’automazione per i calcoli e l’archiviazione dei dati. Hanno in un certo senso l’informatica nel sangue. Ma manca il passo successivo, portare sul mondo digitale i processi per loro e i clienti.

Sono ancora restii alla dematerializzazione della gestione documentale, preoccupati per la sicurezza dei dati. Quali spunti per il futuro?  Si ritiene che il commercialista sarà sempre meno focalizzato sulle ‘lavorazioni manuali’ che possono riguardare la contabilità e la redazione delle dichiarazioni reddituali. Sarà sempre più un consulente. Deve diventare un professionista del controllo di gestione, saper analizzare i dati. E a sua volta un consulente di digitalizzazione per le micro-imprese sue clienti”.

E nelle aziende, come si declina la digitalizzazione? In questo caso non siamo di fronte alla necessità di dover cambiare paradigma al proprio lavoro. Infatti in azienda entrano strumenti nuovi. In quelle di dimensioni micro bisogna ancora compiere i primi passi, in molti casi passare alla fattura elettronica. In quelle più strutturate, se sono già presenti software a supporto della gestione, mancano tanti altri sbocchi ormai presenti sul mercato: cloud, siti internet magari dotati di e-commerce, presenza sui social media, applicazioni mobili per i clienti. Tutti fattori che, in questi anni di crisi, hanno fatto la differenza nell’andamento finanziario.
Secondo Nielsen, sia le aziende che gli studi professionali dichiarano un livello di digitalizzazione a livello soddisfacente (3,9 punti, in una scala da 1 a 5, per le prime e 4,3 per i secondi). Ma a leggere le risposte in filigrana, si capisce che in realtà si fa riferimento a processi molto “basici”, quali lo scambio di documenti digitali con i clienti o l’eliminazione dell’uso della carta. Tutti considerano alla pressoché unanimità la digitalizzazione una grande opportunità, ma pochi la interpretano in senso evoluto.

Al livello di sistema-Paese non è un mistero che sia una grande opportunità: fa recuperare efficienza ed efficacia. Vuoi per la scala delle imprese (come in Usa o Asia), o per disciplina (in Germania), molti competitor hanno vantaggi significativi sulle nostre aziende.

Nel nostro tessuto economico, avere la possibilità di recuperare produttività con l’aggiornamento di strumenti e processi è una leva da usare ancor più che altrove.
Quali sono, dunque, le spinte a digitalizzare? Per le aziende il traino è l’efficientamento dei processi, mentre per gli studi professionali la digitalizzazione è legata (anche) a imposizioni normative, dice la ricerca.

L’incentivazione economica di Industria 4.0 è relativamente bassa tra i driver, a significare che la variabile economica non è così determinante. Infatti, tra le barriere alla digitalizzazione la mancanza di budget o i tempi di ritorno degli investimenti troppo lunghi sono in fondo alla graduatoria. Vincono piuttosto, come ostacoli, la scarsa informazione, la mancanza di una cultura, l’eccessiva burocrazia e il quadro normativo poco chiaro. E’ evidente che il processo deve esser fatto a livello di sistema. Il legislatore ha un ruolo fondamentale e passi in avanti positivi si sono visti con la fatturazione elettronica obbligatoria della Pa, che dal luglio prossimo inizierà a muovere i primi passi anche tra privati.

Le incentivazioni economiche, oltre che l’aiuto finanziario, hanno portato gli imprenditori a concentrarsi su questi strumenti. Hanno gettato una luce sulla digitalizzazione, ma per una Pmi parliamo di costi nell’ordine delle centinaia di euro all’anno: investimenti trascurabili, non certo la barriera a muoversi in questo campo.
Alla fine si ritiene che la digitalizzazione si cominci a percepire come parte importante della cresciita da parte dell’utilizzatore finale. Le barriere sono culturali, bisogna vincerle. Ma non sono insormontabili. Tutti si aspettano di aumentare gli investimenti e c’è consapevolezza e concretezza su dove vadano destinati. Un quadro che ci permette di dire: Digital is running. La digitalizzazione ‘corre veloce”

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