Moneta Scritturale

ESORDIO DELLA MONETA SCRITTURALE NELLE AULE DI GIUSTIZIA

Esordio della monte scritturale nelle aule di giustizia parte I

Con l’espressione “moneta scritturale” o “moneta bancaria” si fa riferimento agli strumenti di pagamento gestiti da banche e intermediari in luogo dei trasferimenti materiali di denaro (assegni, vaglia e altri strumenti cartolari, bonifici, disposizioni di addebito, carte di pagamento, etc.). Non si tratta di moneta, ma di strumenti di circolazione e trasmissione di moneta ([1]).

Si tratta, più in particolare, di strumenti accettati come forme di pagamento a fronte dell’esistenza di depositi o rapporti di credito bancario facenti capo al solvens e costituenti la provvista sottostante all’operazione. In altri termini ancora, un modo di disporre di propri crediti verso una banca (da deposito o da affidamento) in favore di terzi ([2]).

La ragione della nascita di simili strumenti è evidente: se la consegna materiale di moneta costituisse l’unico mezzo di pagamento, vi sarebbero enormi problemi di trasferimento negli affari di ingente ammontare o in quelli da concludersi a distanza.

Le banche commerciali non creano moneta

L’intensificarsi di quella che chiamiamo “moneta scritturale” (nel senso che il pagamento si perfeziona e viene quietanzato mediante annotazioni su scritture contabili) ha portato qualcuno a ritenere che le stesse banche commerciali siano legittimate, attraverso simili strumenti, ad emettere moneta.

Come ricorda anche la Consob ([3]), invece, non è mai la singola banca a creare moneta, ma è sempre e soltanto la banca centrale a farlo, nell’ambito del sistema bancario nel suo complesso (oggi, per l’Italia, il SEBC, Sistema europeo delle banche centrali).

Eppure, c’è chi è convinto che gli intermediari abilitati e le banche commerciali creino moneta e, ritenendo che quella monetaria sia una funzione sovrana che deve fare capo ultimo al singolo individuo (inteso come unità terminale della più generale sovranità popolare), sostiene che non si possa negare a ciascun cittadino di fare altrettanto.

Si tratta di teorie figlie dirette delle teorie che ritengono che il reddito da “signoraggio” venga sottratto ai cittadini a tutto vantaggio dei banchieri centrali ([4]).

Chi ritiene, infatti, che il reddito monetario realizzato dalle banche centrali debba spettare direttamente alla popolazione ([5]), ritiene prima di tutto che la stessa “massa monetaria posta in circolazione nell’ambito dei paesi aderenti al sistema dell’Euro apparterrebbe alla collettività dei cittadini, con la conseguenza che ciascuno di costoro potrebbe rivendicare, pro quota, il reddito derivante dalla stampa e dalla circolazione di detta massa monetaria, oggi invece percepito dalla Banca Centrale Europea e poi ridistribuito tra le diverse Banche centrali nazionali” ([6]).

Fra chi ritiene che la massa monetaria debba spettare direttamente alla collettività dei cittadini vi è poi chi si spinge a sostenere che il singolo possa anche emettere nuova moneta, proprio come già farebbero dei soggetti privati come le banche commerciali con la “moneta scritturale”.

In concreto, secondo tali teorizzazioni, la potestà monetaria potrebbe essere esercitata dal singolo mediante semplice annotazione della astratta creazione di moneta su propri personali registri contabili ed il pagamento interverrebbe poi trasmettendo un estratto cartaceo di tali registri al creditore ([7]).

La recente sentenza del Tribunale di Treviso

Con pronuncia del 26 luglio 2018 (sentenza n. 1623/18, Giudice unico dott. Andrea Valerio Cambi), il Tribunale di Treviso si è trovato a giudicare proprio la pretesa di estinguere un debito bancario mediante l’autoproduzione di moneta da parte del privato cittadino.

In quel caso, il debitore aveva svolto opposizione contro l’ingiunzione di pagamento notificata dalla banca eccependo proprio l’estinzione dell’obbligazione principale mediante “denaro scritturale”.

Rispetto a simile pretesa, il Giudice ha rilevato che «Quanto all’originariamente unica eccezione proposta, quella dell’estinzione per intervenuto pagamento del debito oggetto di ingiunzione mediante la “creazione” di “moneta scritturale” da parte della debitrice e della sua contestuale “trasmissione” per corrispondenza, con invito alla creditrice a provvedere l’annotazione nei propri registri contabili dell’avvenuto “pagamento”, non può che ribadirsi quanto già espresso nell’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione concessa ex art. 642 c.p.c., ovvero che l’ordinamento riserva l’attività di erogazione del credito (erogazione del credito che costituisce il presupposto della possibilità di costituire o estinguere rapporti giuridici patrimoniali mediante strumenti di pagamento a valere sulla provvista delle varie linee di credito eventualmente erogate) esclusivamente agli istituti di credito a ciò abilitati (cfr. art. 10 D. Lgs. 385/1993)».

Parte prima segue parte seconda  e note a pié di pagina

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