Consulenti

MIFID II E I CONSULENTI COME IMPRESE

In premessa è necessario osservare che i consulenti, se non dipendenti, sono imprese e in questo si pone l’intesse di ASSIMPRESA

Da inizio 2018 i mercati dell’Unione Europea hanno accolto definitivamente la direttiva MiFID 2 (che sta per “Market in financial instruments directive”), la normativa comunitaria che ridefinisce i requisiti necessari alle società finanziarie per operare nei mercati e si propone di aumentare la trasparenza delle negoziazioni, oltre che tutelare gli investitori attraverso una completa responsabilizzazione degli intermediari.

Ecco, gli intermediari. E in particolare i consulenti finanziari.

Quale sarà l’impatto della nuova normativa sull’universo della consulenza finanziaria e sui player che la compongono?

Uno dei primi effetti potrebbe essere una pressione sui margini,ponendoci la domanda rivolta all’industria della finanza come questo ridimensionamento dei margini si distribuirà lungo la catena del valore. Interessa a tutti gli attori che, a regime, questa pressione venga distribuita equamente sulla catena del valore, perchè i soggetti che vi intervengono sono più d’uno. I consulenti si augurano che la riduzione la loro remunerazione, sia contenuta entro i limiti che possono considerarsi naturali.

Una delle maggiori novità, in Italia, riguarda la posizione dei consulenti autonomi che, grazie al decreto legislativo entrato in vigore l’estate 2016 e, in particolare, al salvataggio dell’articolo 30-bis, potranno promuovere e prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti anche in luogo diverso dal domicilio eletto.

Ma è trasparenza la parola chiave della MiFID 2.

Lo stesso decreto ha infatti introdotto modifiche significative al Tuf, soprattutto in tema di product governance. In particolare, la stessa MiFID 1 prevedeva che l’impresa di investimento erogante servizi di consulenza o di gestione del portafoglio fosse obbligata a ottenere tutte le informazioni necessarie a ricostruire le conoscenze ed esperienze del cliente in materia di investimenti e ai suoi obiettivi di investimento.

La MiFID 2 amplia lo spettro degli adempimenti richiesti alle imprese di investimento, in quanto non solo prescrive che nel definire gli strumenti finanziari adeguati al cliente esse facciano esplicito riferimento alla capacità dello stesso di poter fronteggiare eventuali perdite e la sua predisposizione al rischio, ma nel caso venga raccomandata una pluralità di prodotti o servizi, la valutazione di adeguatezza dovrà avvenire in relazione all’intero pacchetto. Vengono aggiunti, poi, altri obblighi di comunicazione alla clientela su costi e oneri connessi ai servizi di investimento o accessori, tra cui dovranno figurare, oltre al costo della consulenza, il costo dello strumento finanziario raccomandato o venduto e le modalità di remunerazione dal cliente del servizio di investimento ricevuto.

Dal lato del consulente, poi, è richiesta ora una qualifica idonea ed esperienza adeguata, così come parametri più stringenti per l’inducement.

Il servizio legale Assimpresa  nella sua analisi delle novità principali della normativa osserva che “La novità sta nell’introduzione del principio che l’incentivo economico ricevuto dall’intermediario dovrà essere considerato costo del servizio per il cliente. Ciò si tradurrà nell’informativa ex ante ed ex post che dovrà essere resa all’investitore in cui ai costi ed oneri del servizio reso dovranno essere sommati gli inducement ricevuti dall’intermediario e riconnessi alla prestazione del servizio medesimo individuando così il costo totale del servizio”.

Ma la MiFID 2 non avrà un impatto solo sulle società finanziarie più grandi.

Delle 9.000 imprese finanziarie che operano nell’UE e che saranno soggette alla normativa, almeno 6.500 sono società di consulenza di piccole dimensioni, in particolare wealth manager e family office.

Uno dei requisiti della normativa, ad esempio, è che i wealth manager mantengano una registrazione dettagliata di tutte le attività e le transazioni che hanno svolto negli ultimi sette anni, incluse le transazioni previste, anche se non verranno effettuate. Una mole di dati che potrebbe mettere sotto pressione i sistemi informatici.

Oltre a ciò, la normativa obbliga i wealth manager a inviare report dettagliati alle case di gestioni sulla tipologia di cliente che sta acquistando i loro fondi.

IL SERVIZIO FINANZA DI ASSIMPRESA RENDE LIQUIDI GLI ASSET ILLIQUIDI DELL’IMPRESA E DELL’IMPRENDITORE METTENDO SOTTO PROTEZIONE TOTALE DETTO PATROMONIO E  CREANDO ALLO STESSO TEMPO REDDITIVITA’ AGGIUNTIVA NON MARGINALE PER UN PATRIMOIO STATICO.   

Il consulente finanziario è un professionista che assiste il cliente nel settore degli investimenti finanziari e delle scelte assicurative e previdenziali.

Nel mercato finanziario si scambiano prodotti complessi e lo stesso mercato è eccessivamente regolato da norme complicate. È evidente che per una protezione efficace del risparmiatore-investitore è necessario qualcosa in più delle regole e della stessa vigilanza.

Il servizio di consulenza finanziaria può servire proprio a questo.

La direttiva Mifid II (2014/65/Ue), entrata in vigore il 3 gennaio 2018, ha valorizzato il servizio di consulenza finanziaria e lo ha reso come quasi essenziale nell’offerta dei servizi di investimento ai risparmiatori retail.

Oggi, infatti, la consulenza è un servizio centrale delle modalità distributive dei prodotti finanziari confermando la validità dei modelli di business già da tempo adottati dall’industria italiana.

L’obiettivo delle norme che disciplinano la consulenza finanziaria è la tutela degli investitori partendo dalla consapevolezza dei rischi del “fai da te”. In tal senso, le numerose regole di comportamento previste per la prestazione del servizio di consulenza nell’ambito di Mifid II è coerente con il nuovo assetto del mercato che ha fatto emergere specifiche esigenze di tutela.

Sono state quindi emanate regole più sofisticate per rendere questo servizio più congeniale rispetto alle nuove esigenze dei risparmiatori.

La professionalità del consulente finanziario, proprio perché definisce le scelte d’investimento in ragione dell’orizzonte temporale, del profilo di rischio, dell’adeguatezza delle soluzioni alle caratteristiche e ai bisogni del cliente assume una fondamentale importanza.

Le esigenze che spingono gli investitori a rivolgersi a un consulente di fiducia sono: la pianificazione finanziaria di lungo periodo e la protezione del patrimonio.

Il consulente finanziario, per poter assolvere alla sua funzione, deve conoscere a tutto tondo il proprio interlocutore e “prendersene cura”: solo dopo aver valutato la sua situazione complessiva (personale, familiare, professionale, finanziaria, patrimoniale) può successivamente pianificare le scelte adeguate rispetto agli obiettivi che si intendono realizzare.

Il consulente crea con il cliente una relazione duratura nel tempo così lo potrà aiutare nel monitorare gli investimenti e eventualmente consigliare modifiche necessarie in caso di mutate condizioni (del mercato, dell’investitore e della sua famiglia); in questo modo egli aiuta il risparmiatore a comprendere al meglio la relazione tra rischio e investimento, che può variare nel tempo, salvaguardando sempre i suoi interessi e consentendogli di fare scelte di investimento consapevoli.

Il valore aggiunto che può apportare il servizio prestato dal consulente finanziario sta proprio nella sua preparazione qualificata e professionale.

Fiducia e competenza sono entrambi elementi rilevanti e devono viaggiare di pari passo. La fiducia è inoltre intimamente collegata:

  1. alle specifiche caratteristiche personali e abilità del consulente;
  2. alla professionalità anche suffragata dalla certificazione delle competenze dell’esperto.

Questo significa che il consulente di oggi deve possedere in egual misura skill relazionali e competenze tecniche specialistiche. Nella storia dell’evoluzione dei consulenti, spesso ha prevalso l’una o l’altra capacità; oggi invece devono essere presenti entrambe in misura rilevante.

Il consulente finanziario, che gode della fiducia del cliente, lo aiuta a far emergere i suoi bisogni reali e a ridurre i comportamenti irrazionali.

L’investitore italiano, infatti, è ancora contraddistinto da una scarsa alfabetizzazione finanziaria rispetto alla media europea e il suo basso livello di conoscenza e cultura finanziaria, senza la guida di un professionista, influenza inevitabilmente le sue scelte e quelle della sua famiglia.

 

Possono essere diversi i canali grazie ai quali si entra in contatto con un consulente finanziario (abilitato all’offerta fuori sede e autonomo): referenze di familiari o amici, la banca di proprio riferimento, una pubblicità…

È fondamentale innanzitutto controllare che sia iscritto all’albo unico dei consulenti finanziari tenuto da Ocf che sarà suddiviso in tre sezioni (dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, dei consulenti autonomi e delle società di consulenza); questa è condizione necessaria per esercitare legittimamente l’attività.

Tutti i consulenti finanziari iscritti all’albo unico devono superare una prova valutativa molto selettiva o dimostrare di possedere una esperienza professionale rilevante, e sono soggetti alla verifica e al monitoraggio dei requisiti di professionalità e onorabilità. Ocf vigila sull’attività dei consulenti finanziari.

Infine, il consulente nell’accudire il cliente in modo ampio e strutturale attraverso un percorso informativo-valutativo condiviso svolge anche una importante funzione di educazione finanziaria per cui è stato creato ed opera il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria di cui Ocf (Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari) è componente.

 

Come leggere l’interrelazione OCF e le norme MIFID II

 

 

 

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