Inps Pensioni

Il punto sulla riforma delle pensioni 2017

Il rapporto annuale dell’Inps ha fatto emergere un dato inaccettabile.

Sono stati infatti 5,8 milioni i pensionati (il 37,5% del totale) che hanno percepito un assegno inferiore ai 1.000 euro al mese. “Questo dato dimostra che la quattordicesima non è sufficiente, specie perché non commisurata al reddito Isee della famiglia”. La novità della riforma delle pensioni contenuta nella Legge di bilancio recentemente attuata, ovvero la quattordicesima non pare adeguata al disagio sociale. Serve maggiore equità nella distribuzione delle poche risorse disponibili, altrimenti si rischia di dare troppo a chi non ne ha affatto bisogno e di dare poco a chi non può arrivare alla fine del mese”, aggiunge Dona.

OLTRE 5,8 MILIONI DI PENSIONATI CON MENO DI 1.000 EURO AL MESE

Tito Boeri ha presentato oggi in Parlamento il rapporto annuale dell’Inps, da cui emerge che oltre 5,8 milioni di italiani percepisce una pensione inferiore a 1.000 euro al mese. Addirittura ci sono quasi 1,7 milioni di cittadini che prendono meno di 500 euro. Boeri, nel corso della presentazione, ha voluto ricordare che sono 150 su 440 le prestazioni di natura pensionistica che l’Inps eroga. “Non siamo perciò più solo erogatori di pensioni”, ha detto, spiegando che sarebbe opportuno che il Parlamento cambiasse la denominazione dell’Inps, facendola diventare Istituto nazionale della protezione sociale..

LA RICHIESTA PRINCIPALE DEI SINDACATI AL GOVERNO

Oggi governo e sindacati tornano a discutere di riforma delle pensioni. Ma prima di entrare nel merito della cosiddetta fase due 2, la triplice vorrebbe che l’esecutivo garantisse che non ci sarà un aumento dell’età pensionabile a partire dal 2019.

Difficile poi che si possa entrare nel merito della fase due prima del 13 luglio, data in cui si terrà l’assemblea unitaria tra i sindacati. Più facile quindi che oggi si parli di requisiti pensionistici e di Ape, visto che ancora quella volontaria non è utilizzabile, nonostante fosse stato dato che lo sarebbe stata dal 1° maggio.

Il programmato incontro Governo Sindacato sulle pensioni entra nell’ambito della cosiddetta fase due. L’’obiettivo principale è cercare di “dare risposte ai giovani che hanno carriere fragili e discontinue”. Risposte che non possono arrivare tramite la previdenza complementare, perché “chi non riesce a costruire il primo pilastro non può neanche costruire il secondo”. Del resto non è semplice immaginare che chi ha carriere discontinue possa permettersi di avere una pensione integrativa. Sul tavolo le proposte di parte sindacale di utilizzare meccanismi di tipo solidaristico basato sulla previdenza pubblica.

Si tratta di premiare la presenza e l’attività nel mondo del lavoro, non di dare a tutti una pensione minima garantita. A chi è disoccupato e segue un periodo di formazione, chi ha il part-time, chi fa lavori di cura, chi ha contributi bassi come collaboratori, lavoratori pagati con i voucher, colf che lavorano poche ore: a tutti costoro va valorizzato un periodo contributivo ulteriore”, a spese della fiscalità generale.

Il meccanismo proposto a detta dei sindacati costa meno della pensione minima per tutti e degli interventi assistenziali di soccorso alla povertà. Un altro tema caldo che i sindacati vorranno affrontare è quello del meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita.

Resta da ribadire che l’APE SOCIAL NON È una pensione, ma una indennità pagata dallo Stato che serve a raggiungere la pensione di vecchiaia. 

l’Ape aziendale e l’Ape volontaria sono un passaggio per il cambiamento del sistema pensionistico.

Siamo, infatti, entrati nel sistema contributivo puro che cambia molto per la pensione, soprattutto per i giovani e alcuni temi importanti dovranno essere affrontati nella fase del confronto tra governo e parti sociali, come la previdenza complementare, la governance dell’Inps e la separazione tra assistenza e previdenza.

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