IMPOSTE: la trasparenza amministrativa e la contestazione delle imposte ingiuste

La trasparenza amministrativa ed il diritto di contestare le tasse ingiuste. La contestabilità della pretesa impositiva, garantita sul fronte delle entrate, dal rispetto dell’obbligo della motivazione e del contraddittorio e della tutela giurisdizionale e, sul fronte della spesa, da una trasparente amministrazione del denaro pubblico. Con l’espressione “diritto di contestare le tasse ingiuste” s’intende il diritto dei contribuenti alla difesa giurisdizionale ed amministrativa rispetto alla pretesa impositiva, nonché di esercitare la libertà di pensiero, esternando le ragioni culturali e politiche del proprio dissenso verso una certa imposizione tributaria, pensando quindi alla giustizia tributaria e non solo alla riscossione dei tributi ( fenomeno Equitalia). Sul fronte delle entrate la trasparenza esige la semplicità nella normazione, la conoscenza dei criteri selettivi di controllo e nei controlli, l’adeguata motivazione dei provvedimenti, il rispetto del contraddittorio e l’uso corretto delle presunzioni. La trasparenza della fiscalità interessa anche le decisioni di spesa per evitare che in virtù di un’oculata amministrazione, si evitino sperperi dannosi e si persegua sempre come obiettivo il bene e l’interesse comune. In questa direzione lo Statuto del Contribuente, elevato a norma di rango costituzionale, potrebbe costituire un importante passo di garanzia e di trasparenza. Infatti, alla trasparenza amministrativa si deve affiancare la trasparenza della politica economica fiscale, la chiarezza sull’entità del prelievo, sul gettito regionale e provinciale, sui dati di spesa, compresi gli obiettivi perseguiti ed i risultati conseguiti con fondi, che pur non essendo più dei contribuenti, da questi provengono . Per questo motivo la trasparenza, come ben si comprende, è aspetto strettamente connesso alla moralità. In conclusione Senza voler fornire soluzioni o assoluzioni, è opportuno ricordare che la questione fiscale è principalmente un problema politico e di politica economica. La scelta di un determinato modello contributivo dipende dalla concezione che si ha dello Stato, del suo ruolo sussidiario, dei suoi rapporti con gli individui, con le famiglie, della sua relazione con il sistema globalizzato dell’economia e delle relazioni. Forse è tempo di una riforma fiscale che utilizzi l’imposizione come strumento di equità e non come strumento di potere, una tassazione che sia più europea. Una riforma fiscale che non costituisca più l’alibi per giustificare nuovi condoni fiscali, ma sia una vera “riforma fiscale culturale” dove l’ imposizione fiscale sia sentita coscienziosamente come dovere per vivere e condividere i beni comuni e collettivi nel rispetto di tutte le persone, dell’ambiente e della società e per lo sviluppo dell’economia della sostenibilità. Si deve combattere l’illegalità e con essa l’evasione fiscale, ma chi governa deve creare le condizioni di sviluppo economico far nascere, crescere e mantenere sul mercato le iniziative economiche sane quelle che creano lavoro, benessere collettivo, qualità ambientale, per poter poi chiedere e pretendere il pagamento dell’imposta. Ma se oggi il sistema economico delle imprese è in crisi, morente, come è possibile chiedere ad un malato grave che doni quel po’ di sangue, forse proprio quello necessario alla sua guarigione, se non si lasciano intravedere le azioni del futuro economico del Paese? L’avversione agli strumenti impositivi è nella terminologia della stessa parola utilizzata “imposizione”. Solo la consapevolezza e la coscienza, la nostra coscienza e quella professionale di ciascun commercialista, una coscienza molto anestetizzata in questi anni, può e deve guidarci per vivere meglio, per essere insieme collettività. Credo che la nostra coscienza non possa essere abbandonata solo nelle mani del legislatore. Quando l’evasione fiscale è eletta a pratica consuetudinaria, quale frutto di una deliberata scelta di convenienza questa pratica è comunque quanto meno fattore d’immoralità. Infatti, la consuetudine all’illegalità porta quanto prima ad eludere l’impegno politico, a sottrarsi alle responsabilità per il bene comune e rende indifferenti allo stesso esercizio del diritto/dovere di voto. L’alternativa certamente più faticosa, ma che lascia spazio al futuro e più feconda, di fronte alla questione fiscale, non è l’evasione fiscale, ma l’impegno culturale del vivere civile, dell’educazione alla legalità della coerenza dei propri comportamenti, al senso del dovere, alla coscienza critica, al corretto e rispettoso uso degli strumenti istituzionali, fa parte dei

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